L’indicazione delle criptovalute nella dichiarazione di successione.

Con il termine “criptovalute”, ai fini del presente articolo, vogliamo far riferimento a tutti quei tipi di “valute virtuali”, di recente sviluppo, che secondo la definizione data dalla Banca d’Italia costituiscono una rappresentazione digitale di valore e sono utilizzate come mezzo di scambio o detenute a scopo di investimento. Una definizione legale di “valuta virtuale” è invero contenuta nel D.Lgs. n. 231/2007 che, all’art. 1 comma 2 lettera qq) fa riferimento a una “rappresentazione digitale di valore, non emessa né garantita da una banca centrale o da un'autorità pubblica, non necessariamente collegata a una valuta avente corso legale, utilizzata come mezzo di scambio per l'acquisto di beni e servizi o per finalità di investimento e trasferita, archiviata e negoziata elettronicamente”.

Emerse per la prima volta nel 2009 con il lancio del “Bitcoin” (che è forse la più grande e famosa criptovaluta attualmente in circolazione insieme a LiteCoin, Ripple, Ethereum, Cardano, Tron, ecc.), queste valute virtuali si basano sulla tecnologia della c.d. “blockchain”, ossia un registro digitale pubblico, distribuito lungo una rete di computer in tutto il mondo, che verifica e registra tutte le transazioni in modo sicuro e trasparente.

Si tratta pertanto di valute non controllate da un'autorità centrale (come, ad esempio, una banca centrale per le valute “classiche”) e slegate dalle comuni valute a corso legale (come l'euro o il dollaro) e che vengono per questo definite “decentralizzate”; per il loro funzionamento utilizzano infatti uno speciale meccanismo di crittografia atto a garantire la sicurezza delle transazioni e la generazione di nuove unità.

Ad oggi, sono in molti a sottolineare i diversi svantaggi presentati dalle criptovalute (volatilità, infrastrutture ancora limitate, alto rischio di perdita degli investimenti), tuttavia, sempre un numero maggiore di investitori appare comunque interessato a questa moderna valuta virtuale che, partita come mezzo di scambio alternativo alle valute "tradizionali"  sta oggi ottenendo sempre più successo come strumento d’investimento

Uno degli aspetti più critici rimane però quello della limitata regolamentazione normativa.

Le criptovalute sono ancora un prodotto finanziario relativamente nuovo e non sono regolamentate in modo uniforme in tutto il mondo, ma pur trattandosi di valute “virtuali” e, pur in assenza di dettagliate regolamentazioni, risulta però ormai a tutti evidente che siamo in presenza di (nuovi) beni, giuridicamente rilevanti, e senza dubbio idonei ad essere considerati manifestazione di ricchezza anche da un punto di vista dell’imposizione fiscale.

Ciò è dimostrato anche dall’attenzione recentemente dimostrata dal legislatore che, ai soli fini fiscali, con l'obiettivo prefissato di dare certezza ai contribuenti, ha introdotto nel T.U.I.R. (Testo Unico Imposte dei Redditi) una specifica disposizione normativa, a carattere residuale, per affermare l’assoggettamento a imposizione fiscale i redditi derivanti dalla detenzione e cessione di attività o diritti aventi ad oggetto cripto-attività (art. 67 comma 1 lettera c-sexies).

Sul tema è poi recentemente intervenuta l’Agenzia delle Entrate che ha pubblicato un documento di prassi appositamente dedicato al tema delle valute virtuali intitolato “Trattamento fiscale delle cripto-attività” (circolare 30/E del 27 ottobre 2023), che – seppure brevemente – si occupa anche di fare un cenno all’inquadramento fiscale delle criptovalute in occasione dell’apertura della successione del soggetto che le possedeva.

Veniamo quindi al punto centrale del nostro articolo, andando ad analizzare l’inquadramento delle criptovalute nel contesto della dichiarazione di successione.  

Nel sopra citato documento di prassi rilasciato dall’Agenzia delle Entrate si conferma espressamente che tra i “beni” e i “diritti” oggetto dei trasferimenti a causa di morte, rilevanti ai fini dell’applicazione dell’imposta di successione, devono considerarsi ricompresi anche le cripto-attività. A tal fine, sul presupposto che il tema delle criptovalute coinvolge a pieno la questione della loro difficile localizzazione, bisognerà innanzitutto considerare che: nel caso in cui il de cuius era residente in Italia «l’imposta è dovuta in relazione a tutti i beni e diritti trasferiti, ancorché esistenti all’estero» (D.Lgs. 346/1990 art. 2 comma 1); se invece, alla data dell’apertura della successione il defunto non era residente nello Stato, l’imposta è dovuta limitatamente ai beni e ai diritti ivi esistenti» (D.Lgs. 346/1990 art. 2 comma 2). In applicazione di tale ultima disposizione, si precisa nella suddetta circolare che, ai fini dell’applicazione dell’imposta di successione (italiana), assumeranno rilievo solo i beni e diritti “esistenti” sul territorio nazionale, rilevando pertanto in Italia le cripto-attività detenute presso prestatori di servizi residenti in Italia (art. 3, comma 5, lettere i) e i-bis d.lgs. 231 del 2007), nonché quelle detenute su un supporto di archiviazione che si trova nel territorio dello Stato.

Quanto al valore da indicare nella dichiarazione di successione, ai fini della determinazione della base imponibile per l'applicazione dell'imposta di successione, si precisa che le cripto attività siano da dichiarare assumendo il loro “valore venale in comune commercio” (art. 19 D.Lg.s 31 ottobre 1990, n. 346). Detto valore, con tutti i limiti del caso, dovrebbe poter essere rilevato dalla piattaforma dell’Exchange dove è stata originariamente acquistata la cripto-attività o da analoga piattaforma dove le medesime cripto-attività sono effettivamente negoziabili.

Passiamo a far cenno ora ad alcuni aspetti più pratici della compilazione della dichiarazione di successione in quanto risulta del tutto evidente che vi siano alcune peculiarità legate alla natura “virtuale” e “decentralizzata”  delle criptovalute (nel senso cui si era sopra fatto cenno), che pongono alla luce alcune problematiche, di non poco conto, con le quali si deve scontrare il soggetto chiamato a presentare la dichiarazione (e di conseguenza il professionista che lo assiste!).

Innanzitutto, vi è un problema di accessibilità alle informazioni inerenti alle criptovalute possedute dal defunto: esse vengono solitamente custodite all’interno di portafogli virtuali (“wallet”) posseduti direttamente dal De Cuius o per il tramite di servizi offerti da terzi. Si pone quindi in prima istanza un problema materiale legato alla effettiva possibilità di reperire quelle informazioni di cui spesso i parenti (a maggior ragione se lontani) non hanno la benché minima idea.

Inoltre, una volta reperite (se del caso anche tramite ricorso all’Autorità Giudiziaria) le informazioni necessarie alla identificazione e alla quantificazione del patrimonio virtuale del defunto, vi sarà un secondo ostacolo – non trascurabile – legato alla “prova” da fornire all’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate a sostegno dei valori indicati nel documento (onde scongiurare o comunque limitare il rischio di un successivo accertamento). Molto spesso, infatti, l’erede dichiarante non sarà in grado di allegare alcuna pezza d’appoggio ufficiale o che abbia quantomeno le sembianze di una c.d. dichiarazione/attestazione/certificazione "di consistenza bancaria” che viene solitamente rilasciata dalle Banche per attestare l’effettiva consistenza patrimoniale che faceva capo al defunto nei rapporti con l’istituto bancario alla data della morte. 

In presenza di criptovalute, infatti, non avremo un “ente” che possa rilasciare una attestazione ufficiale.

Ad avviso di chi scrive, risulterà pertanto fondamentale (soprattutto nell’attuale momento di incertezza normativa e di prassi) un preventivo confronto con l’Ufficio dell’Agenzia delle Entrate che sarà competente a registrare la dichiarazione di successione nel caso specifico, al fine di segnalare (ed auspicabilmente concordare) la modalità di allegazione di eventuali documenti a sostegno delle quantità e dei valori inerenti alle cripto-attività dichiarate nella denuncia di successione.

Concludendo con un cenno al modello di dichiarazione di successione attualmente in vigore e allo specifico quadro da utilizzare per indicare le criptovalute, in assenza di un apposito campo riservato alle cripto-attività, si suggerisce (avendone già più volte lo scrivente constatato il buon fine della procedura) di optare per l’inserimento del relativo valore all’interno del “quadro ER” riconducendo le criptovalute in senso lato a dei “crediti” (codice CR) del defunto. Alternativamente si potrebbero far rientrare nel concetto di “altri beni” (codice AB) o, in ultima istanza, potrebbero anche essere indicate con la sigla generalmente riservata al denaro contante (codice “DN”).

Quanto al documento da allegare per suffragarne quantificazione e valorizzazione, in assenza di certificazioni ufficiali e di indicazioni di prassi, lo scrivente precisa (a seguito di esperienza diretta) che l’Agenzia delle Entrate (nel caso specifico UTAPSRI Bologna) ha recentemente accettato l’allegazione di uno “screenshot” dell’elenco movimenti tratto dall’account del titolare defunto, con aggiornamento alla data del decesso, e con annessa una dichiarazione dell’erede-dichiarante che contenga (sotto responsabilità di quest’ultimo) l’attestazione che si tratti di un estratto conforme a quanto risultante dal portafoglio virtuale/wallet/account del De Cuius alla data di apertura della successione.

 Avv. Giovanni Quaresima | Successioni.legal

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