L'Agenzia Entrate Riscossione deve notificare l'intimazione di pagamento all'erede e non al chiamato
[NEWS SUCCESSIONI] - GIURISPRUDENZA - Consiglio di Stato. Sent. N. 2283 del 8/03/2024
Con questa recentissima pronuncia del Consiglio di Stato, emanata a seguito dell'impugnazione di tre intimazioni di pagamento emesse dall'Agenzia delle Entrate - Riscossione, si ribadisce che il creditore che agisce per il recupero dei debiti del de cuius deve provare la legittimazione passiva della propria controparte (non essendo sufficiente la mera qualità di chiamato all’eredità, in quanto solo l’erede succede nei rapporti obbligatori del de cuius, dal lato attivo ovvero dal lato passivo, mentre il chiamato ne rimane estraneo).
Con questa recentissima pronuncia del Consiglio di Stato, emanata a seguito dell'impugnazione di tre intimazioni di pagamento emesse dall'Agenzia delle Entrate - Riscossione, si ribadisce che il creditore che agisce per il recupero dei debiti del de cuius deve provare la legittimazione passiva della propria controparte (non essendo sufficiente la mera qualità di chiamato all’eredità, in quanto solo l’erede succede nei rapporti obbligatori del de cuius, dal lato attivo ovvero dal lato passivo, mentre il chiamato ne rimane estraneo).
Non può infatti ritenersi, come aveva invero affermato in questo caso il T.A.R., che la legittimazione a ricevere l’intimazione di pagamento e ad impugnare la medesima rientri tra i "poteri conservativi" attribuiti al chiamato all’eredità dall’art. 460 c.c.. Ciò in quanto l’art. 486 c.c. prevede che la legittimazione passiva a stare in giudizio in rappresentanza dell’eredità sussiste in capo al chiamato nel solo caso in cui questi si trovi nel possesso dei beni ereditari.
Si precisa poi che laddove invece il mero chiamato impugnasse l’atto impositivo, al medesimo notificato e portante i debiti del de cuius, senza eccepire il proprio difetto di legittimazione, tale comportamento rappresenterebbe una accettazione tacita dell’eredità ex art. 476 c.c. (cfr. Cass. civ., sez. V, ord. 29 ottobre 2020, n. 23989).
Si precisa poi che laddove invece il mero chiamato impugnasse l’atto impositivo, al medesimo notificato e portante i debiti del de cuius, senza eccepire il proprio difetto di legittimazione, tale comportamento rappresenterebbe una accettazione tacita dell’eredità ex art. 476 c.c. (cfr. Cass. civ., sez. V, ord. 29 ottobre 2020, n. 23989).
L’amministrazione creditrice non rimane d'altro canto priva di strumenti, volti a fronteggiare l’incertezza derivante dal protratto stato di delazione ereditaria, spettando ad essa la possibilità di far fissare un termine per l'accettazione ex art. 481 c.c., ovvero di far nominare un curatore dell’eredità ex art. 528 c.c.
Il testo completo del provvedimento è consultabile tramite ricerca per numero sul portale della Giustizia Amministrativa.
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