Il curatore dell'eredità giacente deve pagare le imposte della successione?

Quando si apre una successione, può accadere che nessuno tra i soggetti chiamati all’eredità, per legge o per testamento, sia nel possesso dei beni ereditari, o si faccia avanti per accettare l’eredità.

In tale ipotesi, nasce l’esigenza di provvedere alla conservazione e all’amministrazione del patrimonio ereditario, nell’interesse sia dei chiamati all’eredità che potranno assumere la qualità di eredi, sia dei creditori dell’eredità, soggetti che potrebbero essere pregiudicati dalla dispersione del patrimonio ereditario privo di un titolare.

La conservazione e l’amministrazione del patrimonio ereditario sono assicurati dall’istituto dell’eredità giacente, disciplinato dagli articoli 538 e seguenti del codice civile. In particolare, la legge prevede che, quando il chiamato non ha accettato l’eredità e non è nel possesso di beni ereditari, il Tribunale del luogo in cui si è aperta la successione nomini un curatore dell’eredità giacente, su istanza di qualsiasi interessato o d’ufficio.

Il curatore procede innanzitutto alla redazione dell’inventario dell’eredità, al fine di ricostruire il patrimonio ereditario, e amministra il patrimonio, con la possibilità di pagare i debiti e i legati, il tutto sotto il controllo del Tribunale. Le funzioni del curatore cessano quando l’eredità è accettata da alcuno dei chiamati oppure, in assenza di eredi, quando il patrimonio ereditario è devoluto allo Stato.

Tra i compiti del curatore c’è anche quello di presentare la dichiarazione di successione.

Il termine ordinario per la presentazione della dichiarazione di successione è di 12 mesi decorrente, di norma, dalla morte del soggetto della cui eredità si tratta; in caso di eredità giacente, invece, il termine decorre dalla data in cui il curatore ha avuto notizia legale della nomina. Considerando che tra l’apertura della successione e la nomina del curatore possono passare anche molti mesi, il termine per presentare la dichiarazione di successione, in ipotesi di eredità giacente, è di fatto molto più lungo. Il computo dei termini per la presentazione della dichiarazione di successione è molto importante in quanto, in caso di presentazione tardiva, vengono applicate sanzioni da parte dell’Agenzia delle Entrate.

Il curatore dell’eredità giacente, essendo tenuto per legge alla presentazione della dichiarazione di successione, è conseguentemente il soggetto passivo della relativa imposta (principio ribadito dalla Corte di Cassazione con la sentenza del 15 luglio 2009, n. 16428). Peraltro, il curatore è l’unico soggetto tenuto al pagamento dell’imposta di successione in quanto il presupposto per la sua nomina è che nessuno dei chiamati all’eredità sia nel possesso di beni ereditari. Questi ultimi sono liberati dell’obbligo di presentare la dichiarazione di successione, a condizione che diano notizia della nomina del curatore all’ufficio competente dell’Agenzia delle Entrate, mediante lettera raccomandata.

Il curatore dell’eredità giacente, pur essendo tenuto al pagamento dell’imposta di successione, non risponde direttamente con il proprio patrimonio in quanto, ai sensi dell’art. 36, terzo comma, del Testo Unico sull’Imposta di successioni e donazioni, i soggetti obbligati alla dichiarazione della successione rispondono nel limite del valore dei beni ereditari posseduti; di conseguenza, in ipotesi di patrimonio incapiente, il curatore potrà evitare il versamento dell’imposta.

Discorso (almeno parzialmente) diverso deve essere fatto per le imposte ipotecarie e catastali, dovute nel caso in cui siano presenti immobili nell’asse ereditario. Le relative formalità di trascrizione e voltura sono eseguite in favore dell’eredità giacente (che a tal fine dovrà dotarsi di apposito codice fiscale) e rendono obbligatorio il pagamento delle imposte ipotecarie e catastali che devono essere autoliquidate e versate al momento della presentazione della dichiarazione (con addebito sul conto corrente del soggetto tenuto alla presentazione o mediante modello F24). Non c’è modo quindi di evitare il versamento (come ribadito dall’Agenzia delle Entrate con la risposta ad interpello n. 587/2021). Per quanto riguarda, in particolare, la voltura catastale a favore dell'eredità giacente, si rileva che tale adempimento è previsto dall'articolo 76 del Regolamento 8 dicembre 1938, n. 2153 (Regolamento per la conservazione del nuovo catasto) il quale stabilisce che: “Verificandosi il caso di un'eredità giacente, deve essere chiesta la voltura ed eseguirsi in catasto il trasporto dei beni dal nome del defunto alla eredità giacente, con l'indicazione … dell'amministratore legale”.

E’ bene evidenziare che gli adempimenti fiscali vengono eseguiti dal curatore per conto dei soggetti che risulteranno eredi, una volta accettata l’eredità. Tuttavia, al momento della presentazione della dichiarazione da parte del curatore, non sono ancora noti i soggetti che diventeranno eredi, pertanto, la liquidazione delle imposte viene eseguita applicando l’aliquota massima, senza considerare eventuali franchigie o agevolazioni applicabili agli eredi. Ne deriva che, dopo l’accettazione dell’eredità, tutte le imposte dovranno essere riliquidate al fine di verificare l’importo effettivamente dovuto dagli eredi. Nell'ipotesi in cui non emerga alcun erede e che, pertanto, l'eredità venga devoluta allo Stato a norma dell'art. 586 del codice civile, non saranno dovute né l'imposta di successione (ai sensi dell'art. 3 del relativo Testo Unico) né quelle ipotecaria e catastale (ai sensi, rispettivamente, dell'art. 1, comma 2, e dell'art. 10, comma 3, del d.lgs. n. 347 del 1990). Chiaramente il curatore dell’eredità giacente avrà diritto al rimborso delle imposte eventualmente anticipate.

L’orientamento sopra citato è stato recentemente messo in discussione da alcune pronunce di Giudici tributari. In particolare, la Corte di Giustizia Tributaria di I grado di Bologna in data 18 aprile 2023, e La Corte di Giustizia Tributaria di II grado della Lombardia, con sentenza n. 1626/2023, hanno affermato che il curatore dell’eredità giacente, pur essendo obbligato alla presentazione della dichiarazione di successione, non è tenuto al pagamento delle relative imposte. I giudici bolognesi affermano che mancherebbero i presupposti sia oggettivi che soggettivi, in quanto non si assiste ad alcun trasferimento di beni in capo alla curatela né quest’ultima può in alcun modo assurgere al rango di erede. Inoltre, non sarebbe ravvisabile il possesso dei beni ereditari in capo al curatore, il quale svolge unicamente un’attività di amministrazione del patrimonio ereditario, potendosi semmai ravvisare in capo al medesimo la mera detenzione dei beni ereditari. In mancanza di trasferimento, non si dovrebbe procedere ad alcuna trascrizione né voltura e non sarebbe quindi dovuto il pagamento di alcuna imposta. I giudici milanesi aggiungono che il curatore è semplicemente il titolare di un ufficio di diritto privato nominato per amministrare il patrimonio del de cuius e non può essere considerato, ai fini fiscali, né un rappresentante legale né tantomeno un sostituto del chiamato all’eredità non rientrando quindi tra i soggetti obbligati al pagamento delle imposte ai sensi dell’art. 36 del Testo Unico sull’Imposta di Successione e Donazione.

Bisognerà ora verificare se gli uffici dell’Agenzia delle Entrate si adegueranno a questo nuovo orientamento o resteranno fedeli al precedente orientamento espresso dalla Corte di Cassazione e dai documenti di prassi.

AGGIORNAMENTO DEL 12 FEBBRAIO 2024: La Corte di Giustizia Tributaria di Lecco con la sentenza in primo grado n. 112/1/2023 ha confermato l’orientamento della recente giurisprudenza di merito ribadendo che il curatore dell’eredità giacente (sebbene tenuto alla presentazione della dichiarazione di successione) non è obbligato al versamento delle relative imposte, essendo titolare di un "mero potere di detenzione sui beni ereditari".

Avv. Luigi La Gamma | Successioni.legal

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